Il Legislatore, con il meritevole intento di favorirne l’espansione nelle piccole imprese, attraverso il comma 8 dell’art. 1 della legge n. 160/2019, ha proceduto a rivedere le aliquote contributive a carico dei datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze un numero di lavoratori non superiore alle nove unità: per le assunzioni che si verificheranno nel corso del 2020 (la norma, quindi, non è strutturale) per i primi 36 mesi di rapporto l’aliquota contributiva viene azzerata, mentre per gli anni di contratto di apprendistato successivi, resta fissata dal 10%. I giovani, potenzialmente assumibili, sono di età compresa tra i 15 ed i 25 anni: ovviamente, sotto l’aspetto della sicurezza sul lavoro, per i c.d. “minorenni” valgono anche le regole specifiche inserite nella legge n. 977/1967, fortemente emendata, nel corso degli anni, da atti normativi successivi. Ma quale è la contribuzione a carico degli altri datori di lavoro? Quelli che hanno alle proprie dipendenze più di 9 lavoratori, ferma restando la contribuzione a carico del giovane pari al 5,84%, sono tenuti a pagare, fino al 2020, una contribuzione che nel primo anno è pari all’1,5%, nel secondo anno al 3%, e del 5% nel terzo (art. 1, comma 110 lettera d della legge n. 205/2017 che ha prorogato quanto previsto dall’art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 150/2015). Va, inoltre, sottolineato come in caso di licenziamento, non trovi applicazione, in via generale, la norma sul ticket di ingresso alla NASpI, quella relativa al finanziamento della NASpI (1,31%) e quella destinata ai fondi interprofessionali per la formazione continua (0,30%).

Requisito dimensionale

L’apprendistato di primo livello, pur nelle sue diverse articolazioni, ha come scopo quello di integrare, in un sistema duale, sia la formazione che il lavoro nel quadro dei titoli di istruzione e formazione e del sistema delle qualificazioni professionali (art. 41, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015; circolare INPS n. 108/2018; D.Lgs. n. 13/2013). Con successivi provvedimenti sono state meglio focalizzate le questioni relative all’alternanza scuola-lavoro: l’ANPAL, a seguito dell’accordo con il Ministero dell’Istruzione, è il “tutor” della materia ed il D.M. 3 novembre 2017 contiene il Regolamento che definisce i diritti ed i doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro. Le varie norme che si sono susseguite impongono una formazione esterna ed interna ben superiore a quella prevista per l’apprendistato professionalizzante con forte riduzione dei costi per il datore di lavoro (assenza di obbligo retributivo per le ore svolte all’interno della istituzione formativa, retribuzione pari al 10% per le ore di formazione a carico del datore – art. 43, comma 7 del D.Lgs. n. 81/2015). I lavoratori a tempo parziale vanno computati pro quota (art. 9 del D.Lgs. n. 81/2015), quelli con contratto a termine, secondo le modalità previste dall’art. 27 del D.Lgs. n. 81/2015, mentre gli intermittenti trovano le loro modalità di calcolo nell’art. 18 del predetto Decreto Legislativo (in relazione alle giornate prestate nel semestre precedente). Sono esclusi dal computo gli apprendisti, i lavoratori somministrati, gli eventuali assunti con contratto di reinserimento ex art. 20 della legge n. 223/1991 (in quasi trenta anni di vigenza della norma gli assunti con tale tipologia sono state poche centinaia). Ai fini della fruizione dell’agevolazione il requisito dimensionale deve sussistere al momento dell’assunzione: se, successivamente, l’azienda assume altri lavoratori subordinati il beneficio resta.