Con la conferma che i nuovi limiti e le nuove cause di esclusione dal regime forfetario, come introdotte dalla legge di Bilancio 2020, esplicano i loro effetti già dal 2020, molti dei contribuenti che speravano ancora in un ripensamento o al più in un’interpretazione favorevole da parte dell’Amministrazione finanziaria si trovano a dover fare i conti con le conseguenze della fuoriuscita dal regime di favore. Infatti, a detta del Governo e in attesa della circolare dell’Agenzia delle Entrate che confermerà tale tesi, non è applicabile il principio contenuto nello Statuto dei diritti del contribuente secondo cui non possono essere introdotti nuovi adempimenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti. Principio che, applicato al caso concreto significava far slittare di un anno l’applicazione dei nuovi limiti e esclusioni, potendo i contribuenti verificarli sul 2020 e non, come invece traspare dalle posizioni espresse ufficialmente, dal 2019.

Semplificazioni per i forfetari

A parte il regime di favore sulla tassazione (imposta sostitutiva con aliquota del 15%, 5% per le startup, applicata sul reddito determinato con appositi coefficienti di redditività), i soggetti in regime forfetario godono di molte semplificazioni contabili. Innanzitutto, ai fini IVA, i forfetari, oltre a non poter esercitare la rivalsa dell’imposta per le operazioni nazionali, sono esonerati dal versamento dell’imposta e da tutti gli altri obblighi IVA, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti. L’unico obbligo contabile è rappresentato, per le operazioni per le quali risultano debitori dell’imposta, dall’emissione della fattura o dalla sua integrazione con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e dal versamento dell’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni. Fermo restando l’obbligo di conservare i documenti ricevuti ed emessi, i contribuenti che applicano il regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. Non c’è, inoltre, l’obbligo di emettere la fattura elettronica e di conservarla con modalità digitali. Invece, per quanto riguarda le fatture elettroniche ricevute dai propri fornitori/commissionari, non c’è alcun obbligo di conservazione elettronica nel caso in cui il soggetto non comunichi al cedente/prestatore la PEC ovvero un codice destinatario con cui ricevere le fatture elettronicheInoltre, chi applica il regime forfetario:- non è tenuto a operare le ritenute alla fonte ad eccezione di quelle sui redditi da lavoro dipendente e su quelli assimilati al lavoro dipendente; tuttavia, nella dichiarazione dei redditi, occorre indicare il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all’atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e l’ammontare dei redditi stessi;- è escluso dagli ISA.

Le conseguenze della fuoriuscita dal regime agevolato

Chi non rispetta i nuovi limiti o si ritrova nella nuova causa di esclusione è fuoriuscito dal regime forfetario con effetto dal 1° gennaio 2020.Viene dunque da chiedersi: cosa bisogna fare per essere in regola? La risposta varia a seconda che il contribuente abbia posto in essere un comportamento prudente e, quindi, si sia comportato da “ordinario” già dal 1° gennaio oppure, confidando in un’interpretazione favorevole e in buona fede, abbia atteso sino ad ora continuando ad agire da forfetario. Va da sé che, in caso di passaggio da regime forfetario a regime ordinario, occorre innanzitutto attenersi alle regole ben note e oggetto di approfondimento nei documenti di prassi emanati in passato (tra le altre, si vedano la circolare 4 aprile 2016, n. 10/E e la circolare 10 aprile 2019, n. 9/E). In particolare, occorre:- procedere alla rettifica della detrazione IVA nella dichiarazione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie.- ricordare che, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, i ricavi e i compensi che, in base alle regole del regime forfetario, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi ancorché di competenza di tali periodi; viceversa i ricavi e i compensi che, ancorché di competenza del periodo in cui il reddito è stato determinato in base alle regole del regime forfetario, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo assumono rilevanza nei periodi d’imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime forfetario. Per quanto riguarda gli adempimenti più immediati, occorre:- emettere fattura elettronica, addebitando l’IVA;- mettere in uso i registri contabili;- effettuare e/o subire le ritenute d’acconto ove previsto. E tutto ciò dal 1° gennaio 2020.Poiché la certezza (per alcuni) è arrivata solo nei primi giorni di febbraio, si pone il problema di sanare eventuali violazioni commesse. In particolare, per le fatture (elettroniche) già emesse, se non riportano l’IVA, potrebbe venire in soccorso quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate in alcune risposte ad interpelli a fine 2019 (interpelli 26 novembre 2019, n. 499 e n. 500). In tale occasione è stato affermato che nel caso in cui sia stato applicato erroneamente il regime forfettario, per le fatture “errate” occorre:- emettere, ai sensi dell’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, e trasmettere al committente note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie;- emettere nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’erario ed esponendo la ritenuta d’acconto. E’ anche corretto emettere note di variazione in aumento (art. 26, comma 1 D.P.R. n. 633/1972) delle fatture originarie, addebitando a titolo di rivalsa l’IVA ed esponendo la ritenuta d’acconto se dovuta. Il problema si pone con maggior attenzione per chi ha emesso fatture cartacee: in questo caso la fattura si considera come non emessa (art. 1, c. 6 D.Lgs. n. 127/2015) ed è sanzionata se non emessa entro 12 giorni (sanzione da 250 a 2.000 euro per ogni fattura se la correzione avviene entro la prima liquidazione IVA). Resta inteso che per sanare le violazioni l’unica strada percorribile sembra essere quella del ravvedimento operoso, anche se si confida in una sorta di indulgenza da parte dell’Amministrazione finanziaria.Infatti, si spera che, con la circolare in arrivo, si possa ammettere l’incertezza applicativa della norma e decidere di non sanzionare i comportamenti difformi messi in atto sino all’emanazione della stessa o comunque sino alle risposte avute dal Governo.Va anche detto, però, che per l’IVA e le ritenute di gennaio si fa ancora in tempo ai relativi versamenti considerato che il termine ultimo è fissato al 17 febbraio.

Un’ultima osservazione: se il contribuente forfetario fuoriuscito il 1° gennaio 2020 ha emesso fatture nel 2019, ma le incassa nel 2020, non deve rettificare l’IVA (infatti tale imposta segue il momento di emissione) ma deve subire la ritenuta, che, invece, è collegata al momento dell’incasso.