L’art 4-ter della legge di conversione (l. n. 176/2020) del primo decreto Ristori ha introdotto importanti semplificazioni in materia di accesso alla procedura di sovraindebitamento per le imprese e i consumatori di cui alla l. n. 3/2012.

Il legislatore ha, infatti, preso atto dei diversi vuoti e delle lacune presenti nella l. n. 3/2012, nonché nell’intento di agevolare l’adozione delle misure ivi previste a favore di quei soggetti che risulteranno da qui a qualche mese maggiormente colpiti dalla crisi economica post Covid-19 (vale a dire i consumatori e le piccole imprese non fallibili).

Prima della modifica normativa recata dalla l. n. 176/2020 non vi era alcun riferimento alla possibilità di accesso alle procedure di sovraindebitamento per i soci illimitatamente responsabili di società e la giurisprudenza di merito era spaccata in due filoni contrapposti. Da un lato, un orientamento che si atteneva ad una rigida interpretazione dei soggetti non fallibili, per i quali i soci illimitatamente responsabili essendo fallibili per estensione non potevano accedere alla procedura, se non decorso un anno dall’uscita dalla compagine sociale; dall’altro, invece, l’orientamento che riteneva la fallibilità secondaria dei soci illimitatamente responsabili non parificabile alla fallibilità diretta della società, per cui essi avrebbero potuto accedere alla procedure. In ogni caso, in presenza di debiti sociali, i soci avrebbero potuto solo accedere all’istituto dell’accordo del debitore. Il nuovo art. 7 della l. n. 3/2012, co. 2-ter, prevede ora espressamente che “l’accordo di composizione della crisi della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”, così fugando ogni sorta di dubbio. Altresì, viene modificata la lett. b) del co. 2 dell’art. 6 che definisce la figura del “consumatore”, intendendo non più soltanto chi ha assunto obbligazioni estranee all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, ma anche il socio di società di persone “per i debiti estranei a quelli sociali”. Pertanto, si potrebbero verificare due situazioni riguardanti il socio illimitatamente responsabile:

Altro aspetto molto rilevante sotto il profilo soggettivo è rappresentato dalle novità in materia di composizione della crisi familiare. Anticipando l’art. 66 del Codice della Crisi d’impresa, Il legislatore introduce l’art 7-bis nella l. n. 3/2012 rubricato “Procedure familiari”. Nel corpo normativo previgente non si faceva alcun riferimento alla possibilità di accedere alle procedure da parte della famiglia. Solo la giurisprudenza di merito si era pronunciata a favore dell’ammissibilità di una proposta congiunta da parte dei coniugi in regime di comunione dei beni (cfr. Tribunale Napoli, R.G. 3860/2017), mentre si riteneva esclusa qualsiasi altra forma di istanza familiare. Ora è possibile presentare un’unica procedura di composizione della crisi da parte dei membri della stessa famiglia (coniuge, parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto di cui alla L. 76/2016), laddove conviventi (criterio anagrafico soggettivo) o quando il sovra-indebitamento ha un’origine comune (criterio oggettivo). La seconda ipotesi, quella dell’origine comune del sovraindebitamento, suscita il maggior interesse, posto che spesso si ricorre all’aiuto dei familiari per uscire dalla situazione debitoria, finendo spesso per coinvolgere anche questi ultimi nel vortice dei debiti. Non solo. Infatti, la risoluzione unitaria della crisi comporta una economicità e praticità della procedura che verrebbe evidentemente compromessa allorquando le procedure vengono “spezzettate”. In tal senso, è altresì previsto che, nel caso di presentazione di più istanze, spetta al giudice adito per primo assicurarne il coordinamento e, al contempo, che il compenso dell’OCC venga ripartito tra i membri della famiglia in misura proporzionale ai debiti di ciascuno. Resta fermo, naturalmente, che i patrimoni dei diversi soggetti partecipanti all’unica procedura non si confondono restando quindi distinte le masse attive e passive.

Infine, a chiusura delle novità riguardanti i soggetti che possono accedere alle procedure vi è il caso estremo del “debitore incapiente”. Nel silenzio normativo della precedente disciplina, si riteneva che il debitore che non potesse offrire alcuna utilità ai debitori non avesse alcuna chance di poter ottenere l’esdebitazione. Con l’aggiunta dell’art. 14-quaterdecies si offre ora la possibilità di accedere all’esdebitazione per una sola volta nella vita anche a coloro che non possono offrire nessuna utilità (beni – redditi). Tuttavia, l’OCC dovrà vigilare affinché, nei quattro anni successivi all’ottenimento dell’esdebitazione, non sopraggiungano al debitore utilità rilevanti (esclusi i finanziamenti) che, dedotte le spese per il mantenimento familiare, consentano il soddisfacimento del ceto creditorio in misura non inferiore al 10%.

La determinazione delle spese per il mantenimento familiare avviene in maniera puntuale, poiché è statuita (co. 2) nella misura pari all’assegno sociale aumentato della metà e moltiplicato per il parametro di equivalenza ISEE in base ai componenti del nucleo familiare. Anche questa previsione si ritiene di grande applicazione pratica, stante le numerose situazioni di indigenza che si stanno verificando a seguito dell’emergenza epidemiologica.

L’altro campo di intervento del legislatore ha riguardato l’introduzione di una maggiore flessibilità nell’utilizzo degli strumenti previsti dalla l. n. 3/2012. In tal senso, tre aspetti vanno evidenziati. In primis, la previsione di cui all’art. 3-quater, secondo cui “il tribunale omologa l’accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento del quorum di cui all’art. 11 comma 2”. Quest’ultima disposizione prevede che l’accordo è raggiunto col consenso del 60% dei creditori e che i creditori muniti di pegno, privilegio o ipoteca non vengono computati nel voto ove ne sia previsto l’integrale pagamento, mentre concorrono al voto in caso di falcidia. La novità è sostanziale, posto che molti piani non raggiungevano il quorum previsto dall’art. 11 co. 2 spesso per la mancata accettazione da parte dell’Amministrazione finanziaria che vedeva decurtati i propri crediti. Con la novella, invece, il Tribunale può procedere con l’omologa anche senza il voto decisivo da parte dell’Amministrazione, sempre che l’OCC attesti che la proposta di accordo sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. In secondo luogo, assume un importante rilievo pratico la previsione della falcidiabilità del debito IVA. Sebbene già la Corte costituzionale, con la sentenza n. 245/2019, si sia pronunciata a favore, l’intervento normativo è dirimente per chiarire definitivamente che l’IVA possa essere oggetto di falcidia. In tal modo ci si è conformati alla giurisprudenza europea, che ha aperto all’opportunità di prevederne la falcidia ogni qualvolta si iscriva nel quadro di una procedura alla cui base vi è l’insolvenza. In terzo luogo, assumono rilievo le nuove previsioni in merito al trattamento della cessione del quinto ed al mutuo ipotecario. Sotto il primo profilo, era discusso se la cessione del quinto potesse essere oggetto di ristrutturazione, sebbene la giurisprudenza di merito si fosse più volte espressa a favore. La l. n. 176/2020 prevede ora, espressamente, la possibilità di ristrutturare i debiti da finanziamento derivanti da cessioni del quinto, fugando ogni ombra di dubbio.

Molto interessante è anche la previsione di cui al co. 1-ter dell’art. 8 in merito alla possibilità offerta al debitore di tener fuori dall’accordo o dal piano il mutuo ipotecario sull’abitazione principale. Il mutuo, dunque, potrà continuare a essere onorato seguendo il naturale piano di ammortamento in due ipotesi:

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